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Pacific Coast Hwy  Partiamo per San Diego. L’auto è carina e confortevole. Decidiamo di cercare la strada che segue l’oceano e la troviamo. E’ la Pacific Coast Highway, da cui finalmente possiamo vedere l’oceano. Ci fermiamo a Redondo beach. A quell’ora sulla spiaggia ci sono i più mattinieri che camminano o corrono. Qualcuno mi saluta mentre mi stiracchio osservando l’orizzonte. Si vede l’umidità nell’aria e c’è un po’ di vento freddo. Ma al sole si sta bene.
>Decidiamo di proseguire rapidamente e tagliamo fuori il promontorio di Palos Verdes e San Pedro. L’Ocean blvd attraversa i porti commerciali di Los Angeles e di Long Beach per ricongiungersi poi con l’oceano a Seal Beach.
I due porti sono tra i più grandi del mondo e stanno uno accanto all’altro. (li vedremo ancora al ritorno, attraversando la  zona commerciale e indutriale, ma con un percorso diverso che mi ha fatto percepire quanto sia vasta.). Dai loro moli passa il 25% dei container, oltre a materie prime e petrolio. E’ qualcosa di imponente e mi piacerebbe visitarli.

Niente di bello sino all’Orange County. Da Seal Beach inizia una spiaggia di sabbia che arriva sino a Newport Beach.  E’ una spiaggia senza strutture: solo le guardiole su palafitte  della sorveglianza. Niente bar o stabilimenti balneari.  E’ un mare per salutisti che non stanno mai fermi: surf con la muta, corsa, bici, palla-volo, pattini abbinati a carrozzella con bambino (modello da corsa).
Nessuno che prenda il sole. Nessun contemplativo. Le località marine sono gradevoli, ma sempre sferzate dal vento. Ogni tanto lunghi pontili si lanciano verso l’oceano, e In lontananza  si vedono le piattaforme petrolifere. Da Huntington beach ci allontaniamo dalla costa e prendiamo la FRW per San Diego. Abbiamo tagliato alcune delle località più belle e turistiche che vedremo al ritorno (Laguna beach). Abbiamo fretta di arrivare a San Diego nel timore di non trovare un albergo.

aereoRipercorrendo il viaggio con le mappe di Google ho trovato l’immagine dal satellite di un aereo che passa sulla spiaggia di Huntington Beach, vicino al luogo dove ci siamo fermati.
Il traffico aumenta visibilmente e ci rendiamo conto che è venerdì. Dopo San Onofre le montagne stringono la costa e l’autostrada torna a costeggiare l’oceano. Si attraversa il territorio della base, forse la più grande, del corpo dei Marine (tra Las Flores e Oceanside).  La strada costeggia una vasta zona disabitata  a ridosso dell’oceano dove si vedono soldati di guardia ai posti di blocco e navi militari vicino alla costa.

La California è storicamente la testa di ponte verso l’Asia anche dal punto di vista strategico militare, e qui, tra San Francisco e San Diego, si concentrano molti interessi economici e logistici legati alla macchina bellica: in tutti i settori, dal commercio alla ricerca scientifica, dalla produzione elettronica all’informatica; e mi verrebbe da pensare anche in quello agricolo, perché  ho notato grandi vigneti a pianta bassa accanto alle zone delle esercitazioni militari.

Torrey PinesArrivando a San Diego la prima sosta è a La Jolla, ridente località  che occupa il promontorio a nord della città. Ci fermiamo nella zona più turistica, con alberghi e ristoranti, e mangiamo guardando l’oceano. In basso c’è un piccolo parco in cui qualcuno prende il sole e qualcuno fa le foto del matrimonio. La costa  è fatta di tante piccole insenature, con sabbia e rocce. Una in particolare è affolata di bagnanti, forse per il fondale marino. Per noi c’è troppo vento, ma il sole è caldo e mi tolgo la giacca. Lo scenario è gradevole.

Sembra che gli alberghi siano tutti pieni, pare per un congresso. Ci affidiamo a un call-center, per finire così in un motel vicino alla FRW, in una zona poco distante dalla “vecchia” missione. Il posto è squallido e rumoroso, ma pulito. Col senno di poi avremmo potuto trovare di meglio.

Coronado Hotel Approfittiamo delle ultime ore di luce per andare sull’isola dove c’è il mitico hotel Coronado. Stupendo il ponte che si attraversa, costruito a forma di boomerang, da cui si vede anche il profilo dei grattacieli di downtown. La spiaggia antistante l’hotel è molto bella: profonda, di sabbia bianca. L’hotel, grande e scenografico, si affaccia alla spiaggia con ristoranti e bar all’aperto. L’aria è un po’ fredda e il tramonto non si vede perché siamo all’interno della baia.

Per la cena andiamo a downtown – molto animata di giovani che si divertono e altri che lavorano trasportando i turisti con i risciò/taxi, – in un ristorante italiano. I piatti sono dell cucina italiana (almeno i nomi) ma americanizzati. Aglio e pepe dovunque a cui i buongustai aggiungono ketchup e tutto ciò che è disponibile sul tavolo. Aria condizionata a palla. Il ristorante è fatto di tante piccole sale arredate in legno, sulle pareti centinaia di foto dell’italia anni cinquanta, oltre a cuscini con santi e papi: un repertorio che da noi è difficile trovare, per cui dopo cena giriamo tutte le sale come fossero quelle di un museo, con il personale che ci indica l’uscita con cortese sollecitudine.